Scheda n. 543 L’inclusione scolastica secondo i dati ISTAT 2015/2016 di Avv. Salvatore Nocera

Avv. Salvatore Nocera


Diritto allo studio - Qualità dell'inclusione

L’ISTAT ha presentato l’annuale Rapporto "L’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado" sulle cifre concernenti l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità in Italia relativo all’a.s. 2015/2016 (per i documenti completi www.istat.it/it/archivio/194622).

1. È da tener presente che i dati dell’ISTAT riguardano esclusivamente gli alunni con disabilità frequentanti la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado nell’anno scolastico 2015-2016. Trattasi quindi di dati parziali non comprendenti gli alunni delle scuole dell’infanzia e secondarie di secondo grado.

2. Le percentuali di presenza di alunni con disabilità nella scuola primaria, attualmente 3,2% e nella secondaria di I grado, attualmente 3,9%, è quasi raddoppiata rispetto al primo dato della serie storica dell’ISTAT fissato nell’a.s. 1989/90 (rispettivamente 1,7% e 1,9%).
Ciò si spiega agevolmente col fatto che nel 1989 ancora non era stata approvata la l. n° 104/92.

3. L’incessante progressione dal 2000 (2% primaria e 2,5% secondaria di primo grado) ad oggi può spiegarsi con una maggiore presa di coscienza del diritto all'inclusione nelle scuole comuni, ma forse anche con una eccessiva facilità nelle certificazioni al fine di ottenere maggiori benefici anche in casi non dovuti (per es. alunni con DSA che fino al 2010 - data di entrata in vigore della l. n° 170 sui DSA - sono stati molto spesso certificati come alunni con disabilità).

Il costante incremento di certificazione nella scuola secondaria di primo grado rispetto a quelle della scuola primaria sta ad indicare un paradosso e cioè che, mentre la logia vorrebbe che ad una buona inclusione nella scuola primaria dovrebbe o rimanere costante o ridursi il numero delle certificazioni, nella secondaria si ha un aumento di certificazioni. Sorge il sospetto che la mancata sufficiente preparazione sulle didattiche inclusive dei docenti della scuola secondaria stimoli la richiesta di certificazioni per avere più risorse umane a disposizione.

4. Il fatto che nella scuola primaria l’8% degli alunni con disabilità non sia autosufficiente per la cura dell’igiene personale, negli spostamenti e nel mangiare e nella secondaria di primo grado tale dato sia pari al 6%, comporterebbe una seria organizzazione da parte dei dirigenti scolastici circa l’espletamento dei compiti relativi a queste funzioni da parte dei collaboratori scolastici.

Non sempre però i dirigenti ed i collaboratori scolastici rispettano il CCNL del 2003 che prevede espressamente tali compiti a carico dei collaboratori scolastici. Ciò spiega le numerose lagnanze delle famiglie talora assurte alla ribalta della cronaca giornalistica e talora anche di quella giudiziaria. Su questo aspetto l’amministrazione scolastica deve seriamente intervenire ed in ciò la nuova legge sulla “buona scuola” n° 107/15 potrebbe fare molto avendo introdotto l’obbligo della valutazione del personale scolastico da parte dei dirigenti e quello dei dirigenti da parte dei direttori scolastici regionali.

Nessuna norma prevede il rispetto del genere degli alunni, almeno a partire dal 4° anno della scuola primaria, e chi volesse fare rispettare tale corretto principio di civiltà dovrebbe appellarsi all’art. 2 della Costituzione.

5. Quanto alle ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione per alunni non autosufficienti, di cui all’art. 13 comma 3 della l. n° 104/92, nella scuola primaria si nota una differenza tra nord e sud; infatti il numero medio di ore settimanali per ciascun alunno è pari al nord a 13,8 e al sud a 11,5.
Ciò che invece suscita perplessità è la legenda esplicativa del glossario del rapporto ISTAT con cui si identificano le mansioni di tali figure. In essa infatti si legge che gli assistenti forniti dai comuni debbono anche aiutare gli alunni non autosufficienti a mangiare e ad andare in bagno. Come detto sopra invece il compito della cura dell’igiene personale e l’assistenza ai pasti, in base al CCNL del 2003, rientrano nelle funzioni aggiuntive del mansionario dei collaboratori scolastici, come lo stesso glossario fa presente alla voce collaboratori scolastici. Sarà bene quindi per il futuro che l’ISTAT chiarisca questo aspetto che non è certamente secondario.

6. Significativo il dato della disabilità intellettiva pari al 42,5% nella primaria e al 50,3% nella secondaria di primo grado che sommata a quella relativa agli alunni con disabilità affettivo relazionale peri al 16,4% nella primaria e 17,1 nella secondaria di primo grado, raggiunge circa i 2/3 degli alunni con disabilità, il che comporta i maggiori problemi dell’inclusione.

Se a queste percentuali si aggiungono quelle relative all'apprendimento, all'attenzione e comportamentali e quelle relative alle disabilità visive e uditive, si vedrà come occorra un forte impegno del Ministero nella formazione iniziale ed obbligatoria in servizio non solo dei docenti specializzati per il sostegno, ma anche e soprattutto di quelli curricolari.

Occorre tener presente che nelle percentuali dell’ISTAT gli alunni sono presenti più volte perché un alunno può avere più di una tipologia di disabilità.

7. Quanto ai docenti per il sostegno la percentuale del rapporto 1 a 2 è in linea con la normativa che lo prevede come media nazionale nell’art. 19 comma 11 della l. n° 111/11. Anzi tale norma, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n° 80/10, consente le deroghe con rapporto 1 a 1 nei casi di maggiore gravità che possono quindi superare tale rapporto medio di 1 a 2.

Quanto al maggior numero di ore di sostegno settimanali assegnate al sud, ciò può spiegarsi con il fatto che in tali regioni i servizi forniti dagli enti locali, come l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, molto diffusi al nord, sono carenti e talora assenti.

8. Quanto alle percentuali di famiglie che hanno presentato ricorso per avere l’aumento del numero di ore di sostegno (8,2% primaria e 5,1 secondaria di Primo grado di cui al sud rispettivamente il 12,4% e il 9,1%), ciò può spiegarsi, come detto, con il fatto che il numero di ore di sostegno, indipendentemente dalla loro qualità, è considerata l’unica risorsa o quasi in mancanza di una adeguata formazione dei docenti curricolari, oltre che con la carenza dei servizi degli enti locali al sud.

Purtroppo quando manca il docente per il sostegno in classe, dato il disinteresse di buona parte dei docenti curricolari, le famiglia fanno cause per ottenere il massimo numero possibile di ore di sostegno che viene così considerato più un docente di assistenza che di intervento didattico.
Fino a quando il Ministero non avrà realizzato una più approfondita specializzazione dei docenti per il sostegno ed una maggiore formazione dei docenti curricolari è molto probabile che la percentuale dei ricorsi possa crescere, aggiungendosi a quelli per le ore di sostegno anche quelli contro le "classi pollaio" e contro la mancata assistenza sia educativa che igienica.

9. È significativo il fatto che le famiglie incontrano più volte al mese i docenti per il sostegno in percentuale maggiore rispetto agli incontri con i docenti curricolari. Infatti nella scuola primaria le percentuali sono rispettivamente del 22,8% e 16,2%, nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono 24,2% e 12,5%. Ciò è sintomo della delega prevalente al docente per il sostegno non solo da parte dei docenti curricolari, ma anche delle stesse famiglie, in palese controtendenza a quella che è la cultura corretta dell’inclusione.

10. “Il 16% degli alunni con disabilità della scuola primaria ha cambiato insegnante di sostegno durante l’anno scolastico, il 19% nella scuola secondaria di primo grado. Il 42% degli alunni della scuola primaria ha cambiato l’insegnante di sostegno rispetto all’anno precedente, mentre nella scuola secondaria di primo grado ciò accade nel 36% dei casi.”

Questi dati sono assai preoccupanti, anzi vergognosi per la qualità dell’inclusione scolastica. La continuità didattica è un diritto fondamentale e non averla realizzata in misura tanto elevata denuncia da sola l’urgenza di un intervento rinnovatore da parte del Ministero. In tal senso si confida nell'applicazione, tramite il decreto delegato, comma 181, lett. c), n° 2 della l. n° 107/15 che ribadisce il principio irrinunciabile della continuità didattica.

11. Anche la partecipazione alle visite di istruzione costituisce un indicatore per valutare il livello inclusivo realizzato dalle scuole.
Nella scuola primaria non partecipa a visite con pernottamento l’8,4% che al sud sale al 12, mentre nella scuola secondaria di primo grado non partecipa il 20%, che sale al 31,3% al sud rispetto all’11,3% del nord. Le ragioni di tale mancata partecipazione, che è sintomo di scarsa inclusione, possono rinvenirsi, oltre che nei problemi di mancanza di organizzazione delle scuole, anche in ragioni economiche. In molte scuole infatti ancora si chiede alle famiglie degli alunni con disabilità di contribuire non solo alla spesa di soggiorno dell’alunno, come è giusto, ma anche alla quota del suo accompagnatore, cosa logicamente vietata dalla l. n° 67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità.

12. L’ISTAT conferma dati ben noti da numerose ricerche circa la sussistenza ancora assai elevata di barriere architettoniche e senso percettive nelle scuole italiane.

13. Quanto alla digitalizzazione per favorire l’inclusione scolastica l’ISTAT presenta questi dati: ancora un quarto delle scuole primarie e secondarie di primo grado non hanno postazioni informatiche destinate ad alunni con disabilità, con divari negativi per il sud (31,5% delle primarie e 26,4% delle secondarie di primo grado) e punte d’eccellenza al nord (Emilia Romagna con circa il 85% delle scuole di entrambi gli ordini con postazioni adatte).

Le postazioni adatte sono nella classe dell’alunno con disabilità solo nel 40% delle scuole primarie e nel 36,7% delle scuole secondarie di primo grado.
Quanto all’uso che i docenti per il sostegno fanno di tali tecnologie nella didattica si nota una stranezza; infatti mentre non le usa, pur avendole a disposizione, appena il 5,8% degli insegnanti nelle primarie e il 3,4% nelle secondarie di primo grado, nella provincia autonoma di Bolzano tale percentuale sale incredibilmente al 23,8% nelle primarie e nella provincia di Trento si rileva il 12% nelle secondarie di primo grado. Ancor più strano risulta il dato della Valle D’Aosta per quanto riguarda la mancata frequenza di corsi di aggiornamento sulle tecnologie da parte dei tutti i docenti per il sostegno della scuola; infatti mentre la media nazionale è pari al 17,9% delle scuole primarie e al 15,2% delle secondarie di primo grado, in Valle D’Aosta le percentuali salgono rispettivamente al 42,9% e 29,4%.

Non è dato comprendere tale divario dal momento che queste sono tra le due regioni più ricche del paese. Appena più di un quarto delle scuole ha invece tutti i docenti per il sostegno formati sull'utilizzo delle tecnologie. Ciò significa che quasi tre quarti delle scuole mancano di docenti formati.
Questo dovrebbe indurre il Ministero dell’Istruzione a puntare, col prossimo piano triennale per l’aggiornamento obbligatorio in servizio, a colmare questo grave vuoto.

Sembra però che gli strumenti organizzativi più idonei per tale compito, costituiti dai CTS (Centri Territoriali di Supporto) previsti solo da una circolare ministeriale, non abbiano ancora ricevuto l’ingresso ufficiale nella bozza dell’emanando decreto delegato sull’inclusione di cui al punto 6 della lett. c) del comma 181 della l. n° 107/15.

In conclusione il quadro rappresentato dell’ISTAT presenta molte ombre che solo l’emanando decreto delegato applicativo della l. n° 107/15 potrebbe fugare se si vuole provvedere con interventi immediati e globali a migliorare la qualità dell’inclusione.

21/12/2016

Salvatore Nocera

Responsabile dell’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio Scolastico sull’Inclusione dell’AIPD Nazionale

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