Ricordi e Rimembranze: la scomparsa del caro Zygmund Baumann: Il “pensiero liquido” non può essere la risultante gassosa.

Prof. Cristiano Turriziani


 Quando muore un filosofo il cielo rimane orfano di una stella…

Non so se sia già farina di qualcuno né – tanto meno – se qualcuno abbia già pensato a ciò che ho teste scritto, ma poco importa.

Poco importa perché nel liquame in cui versiamo più che nella società liquida oramai la referenza è ridotta al consumo che se ne fa più che all’ uso stante.

Del resto, la poesia non è di chi la scrive ma, "di chi la usa" faceva dire Michael Radford a Massimo Trosi nella parte de Il Postino di Neruda, con l’unica accezione che il limite dell’ uso dovrebbe essere per buon senso almeno, insito in quello della comprensione se proprio non si vuol rivendicare un diritto di autore ne si pretende di avere una onesta individuale riferibile a fonti citate e quant’altro.

Ma, parole…parole..parole… recitava una canzone a noi nota, che - a loro volta - “citandosi addosso” divengono sempre meno chiare più nebulose fino a con-fondersi ( non è una caso il trattino credetemi) in un brodo di contenitori più che contenutisticamente esatto e corretto.

Freddo e per giunta, rancido come quel liquido di cui nel passaggio non rimane che il nulla; nulla prima, nulla dopo, nulla durante.

Zygmund Baumann il filosofo della “società liquida” attraverso il suo contributo filosofico e sociologico ci aveva lasciato un referto con tanto di tac e radiografie annesse; il suo/nostro mondo abbandonato nell’oblio della presente e non troppo eterna insipienza era divenuta la cartina tornasole di una luce sempre più buia.

Nei suoi innumerevoli interventi così come nelle sue opere più volte aveva “profetizzato" questa decadence strutturale e formale anche se il suo limite “ideologico” a mio piccolo e modesto avviso sia stato anzitutto quello di darne ancora una volta una deriva marxista mai superando la logica dell’abuso idealistico e conseguente trasformazione del medesimo.

Si, siamo d’accordo, il social network ha rinchiuso le persone nel rassodato spaesamento ( un-Unheimliche da Un heimatletteralemnte mancanza di patria ovvero il “perturbande” di matrice Freudiana) che già le assillava all’inizio del secolo; l’abuso del postare l’hic et nunc dell’ “eterno presente“ non fa che aumentare la nostra tracciabilità (inutile, per esser franchi nella maggioranza dei casi) alimentando il già dilatato occhio del Big Brother però… c’è un però che togliendomi cappello e mutande davanti ai teorici dell’ “epochè" ( sospensione del giudizio) del tutto apparire, mi è necessario chiarire evitando il salmo responsoriale del “deserto che avanza guai a colui che serba in se deserti”.

E questo è il duplice aspetto della tecnologia che non trascende in tecnocrazia e che fa da ponte alla nostra capacità del villaggio globale, più che della de-generata globalizzazione; senza voler prendere le difese di Zuckeberg ( anche perché in tasca non me ne ritornerebbe nulla e facebook lo uso per far sembrare agli altri ciò che non sono) sono d’accordissimo sul fatto manifesto che oggi facebook ha dato sicuramente più parola agli imbecilli e alle loro strampalate teorie che a chi ha una qualche qualità volta al progresso e al miglioramento della razza umana.

Sono anche convinto, purtuttavia, che in questa epoca di transizione e di negazione della stessa, iniziare a costruire ponti può essere un buon escamotage per superare un novecento che guerre a parte e storia meschina, tutto sommato non è stato poi così negativo e qualcosa di artisticamente valido e positivo e di cui ancora qualcuno di noi fortunatamente beneficia, ce l’ha portata.

Dico e affermo ciò non per spirito del “Bastian contrario" o perché come recita un jingle pubblicitario “l’ottimismo è il sale della vita”, ma perché consapevole sempre e comunque che è inutile cercare di dissuadersi attraverso logiche idealistiche o dogmatiche che vi era un tempo dell’oro e dei diamanti, ma puntare al concreto e alla prassi del “letame da cui nascono i fior” potrebbe essere un buon 3.0 (per dirla con l’easy language di oggi) per disinstallare e aggiornare questo software che è la vita di popolo di piazza delle istituzioni sempre più assenti come assente è lo Stato stesso indipendentemente dai “cinguettii” di ministri sempre più rocamboleschi e improbabili.

L’a me caro Ludwig Wittgenstein autore del Tractatus ( tra le tante altre opere) intendeva questo; non trattato –appunto -semmai un “manuale di istruzioni” letto il quale – come una scala a pioli una volta saliti su – si potevano com-prendere i fatti del mondo solo se si era com-preso l’utilizzo superandone il medesimo; così, e solo così, la “società liquida” contemporanea che il caro vecchio Baumann ci ha refertato la si può trasformare solo se non ci si farà assoggettare da quel Frankestein che abbiamo tirato su, ne - tanto meno - se si cede alle lusinghe facili della paccottaglia televisiva scissa tra il finto sensazionalismo della D’Urso, l’urna ardente dei telegiornali e le opinioni di un Mughini o di un Giletti nate, a loro volta, dagli scarti di un decadete Maurizio Costanzo Show.

Ricordare un filosofo non vuol dire assolutamente crearne un dogma della sua filosofia e far si che tutti quelli che l’hanno accettato condiviso e amato divengano Cristiani di un altro improbabile Cristanesimo. Giammai!

Ricordare un filosofo vuol dire partire dalla sua giusta Weltanschuungen dalla sua visione escatologica e di insieme, panoptica visione del mondo, e dare delle risposte valide, coerenti e contingenti all’epoca in cui si vive; solo così non faremo l’errore di rimpiangere corazza e maniero e potremmo affrontare nuove interessanti sfide che malgrado tutto questa post- modernità ci offre non a cavallo ma – perché no – su un astronave.

E questa astronave sarà il sogno; e malgrado la realtà virtuale assieme alle abilità della grafica informatica ce lo abbiano in parte rubato, nessuno potrà limitarci o proibirci ancora di sognarlo.

Del resto il termine stesso ri-cordare vuol dire “ tenere a cuore” ma man-tenendo salda la mente anche attraverso quel velo di Schopenhaueriana memoria che se disvelato può darci fors’anche solo l’illusione di vedere altre egregie cose.

E l’illusione ha permesso in passato a uomini di buona volontà – come ancora per fortuna ce ne sono – non di “spiare “ o “ interessarsi” di vicende altrui ma di perseguire cammini di lotta e vittoria le cui finalità hanno – prima e meglio del social network – fatto si che altri seguissero le loro orme; facessero quadrato facessero unità facessero piazza, facessero “politica” e infine divenissero Stato.