Delicatessen: Amministrativi dei Conservatori Accademie e formazione: un dialogo volutamente impossibile.


 

E’ consuetudine negli ambienti amministrativi, quando sono stati sciorinati tutte i possibili punti all’ ordine del giorno, parlare di formazione; lo si fa come se fosse una cornice da mettere ad un quadro o un qualcosa da togliersi per parlare di cose ben più imprtanti quali gestione del personale e fondo incentivante.

Da una parte c’è il sindacato ufficiale che mal sembra digerire l’acquisizione di competenze altrui, dall’ altra dirigenze sempre meno attente alle reali esigenze lavorative degli “ impiegati” e dall’ altra ancora ( quella impiegatizia o per usare un termine come a noi nonpiace “politically correct” amministrativa ) assistenti sempre più alienati e demotivati sul da farsi.

Questa sorta di “brodo primordiale” che se all’ apparenza sembra non scalfire l’istituzione nel suo complesso, di certo non giova alla

“baracca “ di tutti e in special modo di coloro che tendono a pensare che sia un po’ casa o “cosa” loro.

Non giova, perché sebbene per anni la parte burocratico amministrativa sia stata vista da Direttori e affini come una sorta di arrugginimento della macchina di alta formazione artistica coreutica e musicale di Conservatori, Accademie ed Isia, resta la parte che in un certo qual modo tendeva a portare ordine più che a mettere pezze ad un sistema più che di autonomia ben gestita, di anarchia incontrollata e lo stesso identico problema sembra –a pie’ pari – riscontrarsi oggi che ci si è oramai tout cour avviati alla informatizzazione voluta e/o forzata.

Il problema è molto serio ma i suoi punti di risoluzione restano a far leva su un “vizio di forma” dettato al condizionale Statale del ”diremo, vedremo e faremo” nella più completa afasia verbale e nel più completo immobilismo; questo potrebbe rappresentare anche una cosa buona un “valore aggiunto” - come si direbbe oggi – se la PA riformata come la scuola ancor prima nelle norme e nei regolamenti che nei contenuti e nella gente che la vive nel quotidiano, ma, ahinoi non è così.

E nella maggioranza dei casi è il “tapino impiegato” che deve correre dietro la pratica mettendo toppe qua e la e rispondendo a domande di cui misconosce la stessa esistenza. E tutto ciò nasce ESCLUSIVAMENTE nasce dall’ incuria e dalla incapacità di vedere nel mondo esterno e che ci circonda la possibilità di crescere in un campo comune attraverso un bagaglio di esperienze condivisibili e di raffronti necessari per comprendere e portare ciò che succede dentro fuori.

Incontri, convention, meeting, workshop che responsabili del personale e personale stesso fermandosi alla sola apparenza, prendono come “gite fuori porta” dovrebbero invece essere il sistema nervoso centrale di tutti gli enti della PA.

Non è un caso e non è notizia nemmeno risalente al paleolitico che nel privato la formazione oltre ad essere d’obbligo è necessaria per far si che l’azienda stessa sia quotata e abbia alle spalle gente che non gli fa perdere liquidi in castronerie di varia natura.

Vi si investe per il dipendente che poi dovrà dare in termini di “forza lavoro” plaining e mission cioè che gli viene “ gratuitamente “ dato.

Da noi che invece è “ impresa a perdere “ con tutte le conseguenze che porta il concetto di capire meglio per lavorare meglio “ sembra essere la stessa un concetto lapalissiano.

Non di rado si scopre – soprattutto in periodo di contrattazione di Istituto – che vi è un capitolo apposta dedicato ai corsi di formazione e altre attività attigue che nella maggioranza dei casi non vengono utilizzate. Per mancanza di corsi - si dice – forse anche di formatori ma ancor di più per incuria da ambo le parti.

Ad onestà intellettuale va costatato che qualcuno di questi corsi lasciato passare per formazione, nasce e muore nel memento che viene svolto; questo perché purtroppo si parte dall’ assurto che si sa già fare di molto e anche più di quello che l’amministrazione contrattualmente chiedeva senza considerare che in Italia oggi la figura dell’ amministrativo nei Conservatori così come nelle Accademie e negli Isia, viene presa dai più disparati campi e che una volta ad essa si poteva accedere anche con un concorso interno senza per forza di cosa avere laurea vecchio ordinamento o magistrale.

Oggi le cose sono cambiate si va avanti ESCLUSIVAMENTE per titoli ( rimane qualche “calcio in culo” dato al buio ) e sebbene “la carta non faccia l’Uomo “ vero è che il paradosso rimane soprattutto quando si ha a che fare con dei soggetti mentalmente, culturalmente e professionalmente; soprattutto assai limitati che procedono per pratiche e non per procedure.

Lontano anni luce da una contingenza schiacciante e galoppante possono arrivare a formare la stessa istituzione facendo si che altri nel mentre o a venire debbano mettere delle toppe; ma siccome parafrasando un grande proverbio se è vero che “ l’erba del vicino è sempre più bella ( più sporca nel nostro caso !?! ) “ vero è soprattutto il fatto che “ognuno è artefice del proprio orticello” ecco che in questo gioco di inadempienze e disequilibri la PA ne esce perdente come in passato e agli occhi non solo della opinione pubblica ma anche di chi ci sguazza dentro risulta “inutile”.

E qui entra anzi dovrebbe entrare in gioco la formazione che con programmatori, sviluppatori di piattaforme e di problem solutions di applicativi e applicazioni sempre più all’ avanguardia dopo aver insegnato al “povero ex impiegato” come fare immetterlo nell’ arco di una manciata di delucidazioni tecnico pratiche al lavoro trincerandolo da insicurezze e vuoti amministrativi tutt’oggi e tutt’ora presenti.

Senza voler troppo ironizzare la questione l’ “I Have a dream “ della PA dovrebbe ripartire da ciò; dal considerare l’omino che sta dietro la scrivanie e a sua volta dietro il o i personal computer come un valore aggiunto della Istituzione e non colui che blocca l’estro e la creatività di chi – come lui – lavora al “bene comune”.

Ma –si sa – si risolverebbero in un sistema pur imperfetto troppi problemi nello stesso giorno; e di che cosa potremmo parlare o che cosa potremmo “vomitare” se non avessimo più quel quarto d’ora o mezz’ora non donato alla pausa isterica ma ottimizzato dalle procedure ?

E’ per questo che più che un piccolo contributo  "in versi " questo è un appello a tutti coloro che svolgono come il sottoscritto il lavoro/ruolo di assistente; lamentarsi poco accontentarsi mai soprattutto dei mezzi e delle possibilità che le nostre istituzioni hanno.

Chiedere informazioni e pretendere di averle; è un nostro diritto è un loro interesse; solo così la famosa sticomitia tra assistenti e formazione potrà diventare dialogo e potrà essere portato allo stesso tavolo delle trattative ARAN per un obbiettiva richiesta di aumento stipendiale !?!